Domanda:
Cosa? Che valore ha un'affermazione o una teoria la cui serietà e validità è autocertificata?
Sasha
2013-06-26 05:57:52 UTC
Detto all'inverso, dire che un'affermazione, un discorso, una teoria che si è enunciata sono seri, validi, veritieri, attendibili, corretti, li rende davvero tali?

Avete presente il film "Le Crociate"? Avete presente la scena prima della battaglia finale in cui il personaggio di Orlando Bloom nomina cavalieri tutti gli abitanti di Gerusalemme? Egli lo fa perché, secondo lui, "fare di un uomo un cavaliere lo fa combattere meglio".
E ci può anche stare in quel caso, poiché l'autostima contribuisce positivamente al buon esito e all'efficacia delle nostre azioni.
Ma quando parliamo di parole, di affermazioni, di ipotesi, teorie? Io non credo.
Ritengo infatti che "le chiacchiere stanno a zero", e che qualunque teoria o affermazione deve essere supportata e comprovata da fatti e deve essere quindi o verificabile nell'immediato o dimostrata portando fonti già verificate di per sé e di cui la veridicità è già stata dimostrata.
Facciamo degli esempi.
Se vi dico: "il cielo è azzurro", si tratta di un'affermazione verificabile nell'immediato; basta affacciarsi dalla finestra e ognuno può verificarlo di per sé.
Se vi dico: "Svetonio parla male di Caligola", teoricamente dovrei citare dei passi in cui Svetonio effettivamente parla male di Caligola; se poi non lo faccio o ritenete che abbia falsato le citazioni nel riportarle, potete prendere la vostra copia di Svetonio e ricontrollare voi stessi. Se poi non vi fidate nemmeno della vostra copia di Svetonio, potete farvi una bella edizione critica in grazia di Wilamowitz e vedere se quello è o no il testo più fedele possibile di Svetonio.
Ogni cosa che si dice insomma, se è vera, avrà dei fatti concreti, dei supporti materiali e reali su cui basarsi che ne certificano la veridicità.
Perché non ricorrervi?
Se non vi si ricorre, come si può definire una propria affermazione, ipotesi, teoria "attendibile, seria, valida"?
Inoltre, in una discussione potrebbe capitare che il proprio interlocutore, alle (magari anche fondate) obiezioni mosse alla sua "teoria", risponda proprio in questo modo con un "le mie affermazioni sono valide, veritiere, serie, attendibili etc. etc.". E' una vera risposta?
A me questa cosa me ne fa venire in mente altre due:
1) il "è così perché sì, perché è fentasi", tanto inviso alla nostra divina et rosea Gamberetta.
2) il negare, negare e negare l'evidenza, sempre e comunque dei "kattivi" di X-Files (o perlomeno a metà della seconda stagione sembrano ancora tali, non spoilerate, grazie).
Insomma, un comportamento non proprio corretto.
L'interlocutore che fa ciò tira sù, secondo me, un muro tra te e lui che impedisce qualunque discussione costruttiva: tu continui a tirargli addosso le tue obiezioni, ma esse rimbalzano contro questo muro di "perché sì, perché ciò che dico è serio e valido, perché è fentasi"; io la prendo come una chiusura, un aborting prematuro della discussione. Ma (non sono un patito di forum, quindi non so) in internet, nei forum, quando una persona fa così, non è come se abbandonasse la discussione? Non è come se "perdesse" il confronto? Di fatto sarebbe così: il disonesto interlocutore però tiene i piedi in due staffe, da una parte non abbandona materialmente il campo, quindi ti impedisce di dichiararti vincitore, dall'altra però non prosegue il confronto, non riconoscendo la ragionevolezza e la fondatezza delle tue obiezioni (avesse ragione lui, non avrebbe bisogno di dire "perché sì, perché è fentasi").
Commenti?
Otto risposte:
?
2013-06-26 07:53:58 UTC
Affrontare una discussione col presupposto, più o meno dichiarato, di detenere la verità nelle proprie tesi significa non dirsi disposti ad essere convinti ad aderire, o a prendere in considerazione di aderire, ad altre: ovvero, significa non star affatto discutendo, ma facendo un monologo, e questo si fa generalmente qui, questo fa generalmente l'essere umano contemporaneo, non dialoga: fa monologhi dove altri possono sentire, minando ogni comunicazione senza rendersene conto, dando vita ad un mondo di voces clamantes in desertis.

Ora, a livello tecnico, sostenere la propria affermazione dicendo che è vera, giusta e quant'altro senza supporti esterni è come tentare di convincere un giudice della propria innocenza dichiarando e presupponendo di essere innocente: si tratta di petitiones principii, sostanzialmente (mi par di capire tu abbia una cultura classica, pensa ad Antifonte e a quelle sue frasi trasudanti tautologie camuffate "Se mi punirete, vi macchierete di una colpa gravissima, poiché punirete un innocente").



Tuttavia non sempre si hanno a disposizione prove sperimentali, o materiali: è il caso delle strutture, delle norme formali del linguaggio utilizzato (sia esso la lingua comune o un linguaggio specifico): in questo caso, l'elaborazione delle strutture non dipende necessariamente (infatti spesso non ne dipende affatto) da prove, da dati particolari, ma da fondamenti epistemologici, che coloro che agiscono internamente ad un dato sistema debbono presupporre, pena l'inazione (ad esempio, se non assumi come corretto il metodo scientifico, diviene insensato che tu agisca in un ambito scientifico), ma la riflessione riguardo i quali avviene per forza di cose al di fuori del sistema stesso.

E sono di fatto proprio queste strutture il reale fondamento della conoscenza, da cui dipende pressoché interamente il loro contenuto che prende le mosse da dati, strutture vere solo in quanto coerenti con se stesse, e che come tali devono essere assunte perché possano essere utilizzate per creare nuova conoscenza contenutistica.



Certo qui siamo su un piano del tutto diverso dal "La mia opinione è giusta perché è giusta", ma ci tenevo alla completezza.
teologo cattolico
2013-06-26 07:29:31 UTC
1) se non esistono verità che si autocertificano, vuol dire che tutto è in dipendenza da altro, a partire dalla scienza, ergo, non esiste alcuna verità (non certo la scienza).



PS: Ti faccio notare - ho letto solo ora i dettagli- che non esiste uan verifica immediata: che quello che enunci corrisponda alla realtà come dai tuoi esempi (usando il criterio della rappresentazione) è possibile solo se cogli con un atto di apprensione la realtà, ma che tale atto sia vero non lo puoi garantire...che il cielo sia azzurro, di fatto, non basta "vederlo". Che tu lo veda non è sufficiente, posso sembre dire che io lo vedo differente; altrimenti basterebbe dire che i veggenti vedono la Madonna e la questione sarebbe chiusa in partenza



2) solo una verità che si autoimponga è vera, e poichè la verità è, altrimenti non avrebbe senso nemmeno chiedere del valore di una teoria (che è chiedere della sua verità) è necessario che vi sia quella autocertificazione: si dice pensiero di pensiero (ossia l'assoluta la verità deve essere pensiero di sè).



3) solo il Sapere (cui appartiene anche il discorso religioso e artistico, oltre che filosofico) tematizza l'assoluto, il sapere di sè.

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@mamrans: a parte che "prove dimostrabili" è un pleonasmo.. scommetto che le prove cui ti riferisci sono quelle che provano la verità...non stai uscendo dal problema della verità.



..che saranno però scientificamente vere...
?
2013-06-26 06:13:54 UTC
« Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato. »
?
2013-06-26 06:00:32 UTC
Hai ragione.
anonymous
2013-06-26 06:07:37 UTC
Ogni teoria o affermazione è valida (e accettabile) solo se provvista di prove DIMOSTRABILI e RIPETIBILI.



Tutto il resto è aria fritta.



@Teologa: No.. sono prove nel senso scientifico del termine.
Laura
2013-06-26 06:27:07 UTC
Chi certifica il valore della matematica? Il fatto che puoi verificare tu stesso che 2+2 fa 4? Ovvero puoi verificarlo usando oggetti (guarda caso) matematici?



Il valore è certificato da basi gnoseologiche che sono filosofiche la gran parte delle volte, per il resto culturali. Ovvio che chi non conosce queste premesse finirà, a seconda del suo carattere, più o meno sulla difensiva e darà risposte più o meno improvvisate.



Non capisco poi perché ti fissi nel cercare verifiche sperimentali. Queste non hanno mai il carattere di "prova" ma, per ben che vada, di opinione ragionevole fino a prova contraria. Se scoprissimo contemporaneamente in diversi posti alcuni papiri in cui vien fuori che Svetonio parlava benissimo di Caligola e che i testi che conosciamo ora sono il risultato di un'interpolazione successiva, dove finirebbe la tua prova?



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In realtà non è che io veda tanto spesso tirare fuori i dogmi nei ragionamenti teologici. Probabilmente quello che hai visto tu è che le persone un po' a digiuno di tali ragionamenti, messe alle strette, cercano di difendersi dicendo che le loro mancate risposte sono coperte da un dogma apposito.



La laurea simile alla tua è storia antica. E i Dori è vero che non sono l'unica causa, ma di sicuro la loro invasione non è stata pacifica.
Amiba-Ryu
2013-06-26 06:00:30 UTC
Un solo commento: occorre sempre tenere conto delle conseguenze che ha, sopratutto su se stessi, la divulgazione o la contestazione di un'idea, specialmente in merito alle reazioni di chi può interagire positivamente o negativamente con chi parla. Questo è MOLTO più importante dell'effettiva validità dell'idea. Può andarne della propria vita.
anonymous
2013-06-26 06:07:54 UTC
Deve essere un valore mediatico la cui unica totalità è il valore della stessa


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