Gli orientali assumono quelle posizioni fin da piccoli, e per loro sono comode, per noi invece è ben diverso, e si rischiano brutte lesioni, il mio consiglio è di non sforzarti e di non rischiare.
Come si fa a meditare se si prova solo dolore?
Assumi una posizione comoda e medita, questo è il mio consiglio, non è la posizione che fa il meditante, ma è il meditante che fa la posizione.
Poi ci sarà qualcuno pronto a contestarmi, ma non fa nulla, io ho meditato per anni, ma non sono mai riuscito a fare molto finché provavo dolore.
Sono molti quelli che si sono rovinati insistendo per avere una posizione corretta, che in sé (per me) non significa nulla.
Il maestro Nagaku si recò dal maestro Baso e vedendolo seduto in meditazione gli chiese : Perché stai lì seduto in zazen?
Baso Do-itsu rispose : Voglio diventare un buddha.
Nangaku Ejo afferrò un pezzo di tegola e si mise a levigarla su di una pietra davanti alla capanna di Baso.
Baso Do-itsu disse : Maestro! Cosa sta facendo?
Nangaku Ejo rispose : Sto levigando questa tegola per farne uno specchio.
Baso Do-itsu disse : Nemmeno levigandola per mille anni si potrebbe fare uno specchio con una tegola!
Nangaku Ejo rispose : E nemmeno stando seduto mille anni in zazen si potrebbe fare di sé un Buddha!
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Questo aneddoto è stato poi rigirato in tutte le salse arrampicandosi sugli specchi, pur di poterlo adattare a chi si ostina a credere che una corretta posizione è già essere Buddha!
Questa è la mia necessariamente non tanto umile opinione, ma tu fa quello che ritieni giusto per te, è giusto sentire diverse campane, per poter intonare la tua melodia!
Comunque ti do il link di un articolo scritto dal mio vecchio Maestro Roberto Kengaku Pinciara, che finalmente oggi parla di questo problema (dei mal di schiena, dolori ecc.ecc.), Tra l'altro anche il famoso Corrado Pensa, autore di libri e articoli sullo Zen, ha avuto questi problemi e adesso non può più sedersi in zazen.
http://www.bukkaidojo.it/?page_id=554
Del quale questo è un piccolo stralcio:
"Quello che accade in realtà è che, a certi livelli, la lotta contro il dolore assorbe le energie del praticante ottundendone la chiarezza mentale, diviene fine a sé stessa ed ostruisce quel corretto posizionamento del corpo e mente che qualifica l'esercizio.
Non solo: le difese mentali che vengono messe in atto al tribunale dell'ego per controbilanciare la propria inettitudine fisica possono complicare, ritardare e deviare il percorso spirituale del praticante."