E' certamente una bella domanda, davvero interessante.
Non sono cattolico.
Preferisco dichiararmi agnostico ed in teoria a questa domanda non dovrei rispondere, però vorrei tentare di darti una possibile (anche se parziale, ci mancherebbe...) soluzione, ovviamente opinabile, se non altro per cercare di infondere in te un pò di speranza ed una possibile spiegazione logica.
Semplificando al massimo e riducendo all'osso i concetti io trovo che la vita in sè, prescindendo dalla possibilità che essa venga dal Dio cristiano o da quello Indhù, dal caos o da altre ignote origini, sia sempre un dono.
La coscienza della vita è già una luce che è preclusa a chi non è vivo. Chi non è ancora nato e chi non appartiene più a questa vita non può godere della gioia che questa coscienza può regalare. Essere vivi significa partecipare ad un disegno dalle proporzioni incommensurabili ed in parte ignote nel quale si crede ed al quale ci si affida (Dio) oppure fare parte di una Danza Cosmica (religioni orientali) oppure di un sistema in cui ogni cosa ha una sua spiegazione logica e razionale, incluse le malattie e la morte (Evoluzionismo).
Giustamente tu dici che non può essere un dono una vita costituita dal dolore, ed è molto difficile confutare la tua affermazione.
Secondo il mio personale giudizio la vita può essere un dono o uno sventurato e tragico accidente secondo la percezione individuale di ognuno. Non tutti i malati terminali, né tutti i ciechi dalla nascita, né tutti coloro che hanno difficoltà a vivere considerano la vita una sventura, ed anzi spesso sono proprio le persone abituate ad una vita "difficile" che maggiormente la considerano un dono e che più le sono attaccate. Ed è anche vero che per molte sventurate persone la vita è solo un pesante ed insostenibile fardello di cui ci si può liberare con la morte.
Ma non è neppure scontato che persone quotidianamente "appagate" dalla vita siano in grado di cogliere la bellezza del vivere e considerare questo un dono. Ci sono persone che nel loro quotidiano vivono nell'ignavia, conducendo una vita fatta di falsi valori, inseguendo chimere ed obiettivi assolutamente futili ed effimeri, e dubito che queste persone si siano domandate, almeno un giorno nella vita, se questa sia un dono oppure no.
Forse, ma questa per me è molto più che una probabilità, l'unica ragione per cui la vita è un dono è l'amore. Almeno in questo posso definirmi cristiano, con la differenza che io estendo il concetto di amore a tutta la vita che anima il nostro universo. Vedi, se tu conoscessi una persona con un cancro allo stadio terminale e fossi capace di stargli vicina, amarlo e dargli la tua vita per quel breve periodo di vita che ancora gli rimane, non penserebbe che quegli istanti sono il dono più bello che la vita potesse dargli, nonostante il suo dolore? E' per questo che tutti quei valori sciocchi ed effimeri, dai quali siamo continuamente bombardati, hanno valore zero davanti al dolore. E per dolore intendo non solo quello di un essere umano la cui gioia è solo parziale se non ridotta al minimo perchè la sorte gli è stata avversa, ma anche quello di innocenti essere scuoiati vivi per ricoprire con la loro pelliccia la vanità degli esseri umani. Intendo il dolore delle creature torturate nei laboratori per una ricerca che va alla cieca e che non è vera scienza dal momento che contempla solo le strade che più le fanno comodo. Intendo il dolore di chi subisce le soluzioni di pochi individui depravati e degradati che considerano la violenza e la guerra quale unica soluzione di dialogo fra le comunità. Ed intendo il dolore di questo pianeta, in cui viviamo, le cui risorse sono sfruttate fino all'inverosimile ed in modo illogico, spesso soltanto per gli interessi di pochi stati potenti che rifiutano di pensare a soluzioni intelligenti per salvaguardarne la vita.
Come vedi, la soluzione potrebbe essere riposta solo in un atto d'amore, in questo come in un altro caso. Un atto d'amore quotidiano verso tutta la vita in tutte le sue forme, insomma un esercizio dello spirito per cambiare se stessi e predisponendo la propria vita alla comprensione dell'altro, all'apprezzamento dell'altrui vita ed alla solidarietà. Troppo spesso viviamo alla giornata ripetendo ossessivamente i medesimi, identici atti. Ma se passassimo dalla teoria alla pratica scopriremmo che ogni giorno potremmo donare questa nostra consapevolezza a chi non ce l'ha o non potrà più averla, ed ogni piccolo nostro contributo, ogni piccola goccia di quest'acqua potrebbe investire porzioni più ampie fino a creare un oceano. Anche noi ne saremmo investiti.
Forse allora la vita potrà essere considerata davvero un dono.
Con ciò non credo di aver fornito una soluzione univoca e definitiva alla tua domanda, anche perchè non ho affrontato il problema del diritto all'eutanasia o il "diritto" al suicidio.
In questi casi posso solo pensare che per molti individui la vita sia insostenibile comunque ed in ogni caso, a prescindere dall'amore altrui e dal senso di amore che ancora li pervade nei confronti della vita.
A questo proposito credo che l'unica cosa ragionevole sia il rispetto verso le decisioni di questi individui, anche se dovessimo essere in disaccordo con i loro gesti estremi. E questo a prescindere dall'essere cristiani, atei o agnostici o scettici.