2016-01-15 17:34:21 UTC
Invece se io mi impongo di ostacolare in ogni modo che il gay possa vivere apertamente la sua vita con un ragazzo, io mi danno l'esistenza perché mi arrabbio e cercherò quindi di sfogare quella rabbia anche su altri che non sono gay, proprio perché la rabbia poi si sfoga sul primo che passa. Inoltre quell'ansia della necessità della battaglia si trasmette anche a tutta la gente che mi circonda. Cioè creo disordine sociale immotivato. Sì, immotivato perché o che il gay stia con un ragazzo o che stia con una ragazza nella mia vita non cambia niente! E per quanto io mi possa sforzare di perseguitare un gay, offenderlo per mostrare la mia presunta superiorità d'essere, il gay resterà gay. Tuttalpiù si nasconde da me ma continuerà a volere una relazione con un ragazzo. Nel caso in cui dovesse viverla da clandestino questa relazione gay, non ho risolto niente! Lui vive con ansia e frustrazione, io (l'ipotetico "me" contro i gay) vivo con ansia e frustrazione e la trasmetto ai miei figli, ai miei amici, a chiunque.
Non è socialmente ed eticamente la soluzione migliore quella di occuparsi della propria vita e lasciare che gli altri consensietemente facciano altrettanto?