Visto che le voci contrarie sono praticamente tutte "devote", mi accingo ad affrontare il discorso partendo da un punto di vista cattolico.
Inizio col dire che Dio ha creato l'uomo e la donna, in particolare Adamo ed Eva, liberi di fare le loro scelte, e quindi liberi di sbagliare. Non ha messo l'albero della conoscenza in un isolotto volante nel cielo, ma in un posto accessibile, perché l'uomo potesse essere libero di scegliere cosa fare, nel bene o nel male. Per questo motivo non si può negare la legittimità delle coppie omosessuali con il solo motivo "sono cattolico e loro sbagliano/peccano". Inoltre la religiosità non può ergersi a criterio di giudizio per qualcosa che concerne unicamente la sfera personale e che presenta una connotazione diversa al di fuori del contesto religioso. Per fare un esempio, supponendo per un istante di trovarci in Italia e che il cattolicesimo consideri abominio mangiare il pesce, non sarebbe giusto creare o mantenere una legge che vieti di mangiarne, perché uno stato laico, per definizione, prevede la libertà di culto e difende gli interessi e i diritti anche di chi non è cattolico, e che quindi ha tutto il diritto di mangiare quello che vuole (ed essere tutelato nel farlo, con il controllo delle importazioni, della qualità, etc).
Spingendoci più a fondo nel merito dell'unione omosessuale, dobbiamo constatare che il riconoscimento giuridico non solo aiuta l'integrazione nella società (fin troppo spesso omofoba, inutile ricordare i fatti del 17 scorso al circolo Mario Mieli a Roma), ma è anche lecito da un punto di vista cattolico, poiché la Chiesa non condanna l'amore omosessuale, ma l'atto. In questo senso, secondo la religione, due uomini che non hanno rapporti sessuali sarebbero liberissimi di vivere la propria sessualità in concomitanza con il proprio credo, e vanno rispettati per questo. Il principio quindi è giusto in potenza, nonostante poi in atto le coppie omosessuali "devote" siano veramente poche. Infatti, giusto per continuare su questa linea di pensiero, Dio disse ad Abramo "per amore di quei 10, non distruggerò Sodoma" Genesi 18, 32.
Entriamo ora un po' più nel merito del discorso. Premesso quindi che, nonostante la mia religione mi dica che l'omosessualità è sbagliata, io non ho il diritto di pronunciarmi a sfavore di un qualche provvedimento che la riguarda solo in base alla mia dottrina di fede, inizio a considerare i vari aspetti della questione dei DiCo sotto altre luci.
Innanzitutto prendiamo in considerazione il punto di vista prettamente legale:
Diritti previsti dai DiCo
- Decisioni in materia di salute e in caso di morte
- Permesso di soggiorno {si consente al convivente straniero (comunitario e extracomunitario) che è già legalmente in Italia per altri motivi (ad es. turistici) di ottenere il permesso di soggiorno per ragioni affettive.}
- Alloggi di edilizia pubblica
- Utili di impresa
- Tassa di successione
- Contratto di locazione
- Agevolazioni in materia di lavoro {con tre anni di convivenza sono facilitati trasferimenti e assegnazioni di sede dei conviventi.}
- Trattamenti previdenziali e pensionistici
- Diritti di successione {con nove anni di convivenza}
Doveri previsti dai DiCo
- Autocertificazione {obbligo di assistenza morale e materiale}
- Obbligo alimentare
Rispetto al matrimonio civile, in materia di "diritti" nei DiCo non è prevista l'adozione né agevolazioni economiche di alcun tipo. In materia di "doveri" invece, il matrimonio presenta in più il dovere di fedeltà e collaborazione (si intende sia quella quotidiana al normale andamento familiare, sia la partecipazione sul piano finanziario al mantenimento dei figli), e l'obbligo di coabitazione.
Ci accorgiamo subito che l'obbligo alimentare è incluso nel dovere di collaborazione, e che i "doveri" in eccesso del matrimonio sono tutti più o meno legati alla tutela dei diritti dei figli o comunque hanno una rilevanza irrisoria (quale vincolo affettivo è possibile senza collaborazione?). Dato che l'obbligo di mantenimento, istruzione, ed educazione della prole da parte dei genitori sussiste anche al di fuori del vincolo matrimoniale, che l'adozione non è prevista nei DiCo, e che i figli si possono fare anche da celibi, in definitiva l'ago della bilancia sembra essere in equilibrio.
Veniamo ora alla fatidica domanda circa lo scopo del matrimonio. C'è chi afferma che il matrimonio esiste al solo scopo di generare ed educare la prole. Purtroppo per costoro, però, il matrimonio non sancisce l'obbligo di procreazione, le coppie sposate possono scegliere volontariamente di non avere figli, e le coppie non sposata possono ugualmente generare quantità industriali di bambini senza che sia necessario esser sposati. In accordo con l'articolo 2 della costituzione italiana, che afferma "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale." (in particolare dove dice "formazioni sociali ove si svolge la sua personalità"), la finalità del matrimonio è da individuarsi, o dovrebbe esserlo, nell'esigenza di ottenere rispetto formale e sociale per i contenuti sentimentali dei coniugi. Segue la legittimità di un qualsiasi vincolo legale su modello DiCo.
Per tutti coloro che diranno "i DiCo sono il primo passo verso l'adozione", rispondo affermando che il "passo successivo" è completamente indipendente da quello che lo precede. Sull'adozione si discuterà se e quando ce ne sarà l'opportunità e in sede separata. Sembra lo stesso discorso che ho letto su Answers-India da un'utente che non voleva abolire il "reato di sodomia" perché poi i gay potevano chiedere riconoscimenti giuridici. Le cose vanno valutate per quello che sono, soprattutto se le "conseguenze" non sono necessarie e verranno valutate anch'esse prima di poter essere approvate.
Saluti.
Simone