LO SCINTOISMO, o shintō, è una religione prevalentemente giapponese. Secondo un’enciclopedia delle religioni giapponesi (Nihon Shukyo Jiten), “lo sviluppo dello scintoismo è quasi identico a quello della cultura etnica giapponese, ed è una cultura religiosa che non è mai stata praticata separatamente da questa etnia”.
Come ebbe inizio?
3 Il nome “shintō”, da cui “scintoismo”, fu coniato nel VI secolo E.V. per differenziare la religione indigena dal buddismo, che andava introducendosi in Giappone. “Naturalmente ‘la religione dei giapponesi’ . . . esisteva prima dell’introduzione del buddismo”, spiega Sachiya Hiro, studioso di religioni giapponesi, “ma era una religione subconscia, consistente di ‘usi e costumi’. Con l’introduzione del buddismo, però, la popolazione prese coscienza del fatto che quelle usanze costituivano una religione giapponese, diversa dal buddismo, che era una religione straniera”. Come si sviluppò questa religione giapponese?
4 È difficile individuare con precisione la data in cui emerse lo scintoismo originario, o “religione dei giapponesi”. Con l’avvento dell’arte di coltivare il riso in risaie, “la risicoltura necessitava di comunità bene organizzate e stabili”, spiega un’enciclopedia, “e così si svilupparono i riti agrari che ebbero poi un ruolo tanto importante nello scintoismo”. (Kodansha Encyclopedia of Japan) Quelle antiche popolazioni concepirono e venerarono numerosi dèi della natura.
5 A questa venerazione si aggiunse il timore delle anime dei defunti, che portò a riti intesi a placarle. Questo si trasformò poi in culto degli spiriti degli antenati. Secondo la fede scintoista, l’anima del “trapassato” conserva la sua personalità ed è contaminata dall’impurità della morte. Quando i superstiti celebrano riti commemorativi, l’anima viene purificata finché tutto il male è stato eliminato, e assume un carattere pacifico e benevolo. Dopo un certo tempo lo spirito dell’avo assurge alla posizione di divinità ancestrale o tutelare. Vediamo così che quella dell’anima immortale è la credenza base di un’altra religione ancora, e condiziona gli atteggiamenti e il comportamento dei credenti.
6 Si riteneva che gli dèi della natura e gli dèi ancestrali fossero spiriti che “vagavano” nell’aria popolandola. Durante le feste la gente invocava gli dèi perché discendessero nei siti appositamente santificati per l’occasione. Si pensava che gli dèi prendessero temporanea dimora negli shintai, oggetti di culto quali alberi, pietre, specchi e spade. Gli indovini sciamani presiedevano a queste cerimonie per far discendere gli dèi.
7 Col passar del tempo questi shintai o “corpi divini”, che venivano temporaneamente purificati in occasione delle feste, assunsero una forma più permanente. I devoti costruirono santuari per gli dèi benevoli, quelli che pareva li beneficassero. Dapprima essi non facevano immagini scolpite degli dèi, ma adoravano lo shintai, in cui si diceva risiedessero gli spiriti degli dèi. Persino un’intera montagna, come il Fuji, poteva servire da shintai. A lungo andare finirono per esserci così tanti dèi che i giapponesi coniarono l’espressione yaoyorozu-no-kami, che letteralmente significa “otto milioni di dèi” (“kami” significa “dèi” o “divinità”). Ora questa espressione è usata col senso di “miriadi di dèi”, visto che il loro numero nella religione scintoista continua ad aumentare.
8 Via via che i riti scintoisti si concentravano intorno ai santuari, ciascun clan ne aveva uno dedicato alla propria divinità tutelare. Ma allorché la famiglia imperiale unificò la nazione nel VII secolo E.V., elevò la propria dea del sole, Amaterasu Omikami, alla posizione di divinità nazionale e figura centrale degli dèi scintoisti. . Col passar del tempo fu presentato il mito secondo cui l’imperatore era un diretto discendente della dea del sole. Per rafforzare tale credenza, nell’VIII secolo E.V. furono redatti due importanti scritti scintoisti, il Kojiki e il Nihon shoki (o Nihongi). Con i loro miti che esaltavano la discendenza divina della famiglia imperiale, questi libri permisero di sancire la supremazia degli imperatori.
Una religione di feste e di riti
9 Questi due libri di mitologia scintoista, comunque, non venivano considerati scritture ispirate. È interessante il fatto che lo scintoismo non ha un fondatore noto e neppure una Bibbia. “Lo scintoismo è una religione fatta di ‘senza’”, spiega lo studioso scintoista Shouichi Saeki: “senza specifiche dottrine e senza una dettagliata teologia, in pratica senza nessun precetto da osservare. . . . Benché io sia stato allevato in una famiglia che aderisce tradizionalmente allo scintoismo, non ricordo che mi sia mai stata impartita una seria istruzione religiosa”. Per gli scintoisti, dottrine, precetti, e a volte anche l’oggetto del loro culto, non hanno importanza. “Spesso”, dice un ricercatore scintoista, “perfino nello stesso santuario il dio ivi custodito veniva scambiato con un altro, e talvolta i devoti che andavano lì a pregare quegli dèi non si accorgevano neppure del cambiamento”.
10 Cos’è allora di capitale importanza per gli scintoisti? “In origine”, dice un libro di cultura giapponese, “lo scintoismo giudicava ‘buone’ le azioni che promuovevano l’armonia e il benessere di una piccola comunità e ‘cattive’ quelle che li ostacolavano”. L’armonia con gli dèi, con la natura e con la comunità era la cosa ritenuta di sommo valore. Tutto ciò che infrangeva la pacifica armonia della comunità era cattivo, a prescindere dal suo valore morale.
11 Poiché lo scintoismo non ha nessun insegnamento o dottrina formale, è attraverso riti e feste che promuove l’armonia della comunità. “Nello scintoismo”, spiega l’enciclopedia Nihon Shukyo Jiten, “la cosa più importante è se celebriamo o no le feste”. La partecipazione collettiva alle feste consacrate agli dèi ancestrali contribuiva a rafforzare lo spirito comunitario dei lavoratori delle risaie. Le feste più importanti avevano ed hanno tuttora relazione con la risicoltura. In primavera gli abitanti del villaggio invitano il “dio della risaia” a discendere nel loro villaggio, e pregano per sollecitare un raccolto abbondante. In autunno ringraziano i loro dèi per i prodotti della terra. Durante le feste portano in processione i loro dèi su un mikoshi, o palanchino sacro, e tengono un pasto di comunione con i loro dèi in cui si consumano vino di riso (sakè) e vari cibi.
12 Per essere in comunione con gli dèi, però, gli scintoisti credono che si debba essere purificati da ogni impurità morale e da ogni peccato. È qui che entrano in gioco i riti. Ci sono due modi per purificare una persona o un oggetto. Uno è l’o-harai e l’altro è il misogi. L’o-harai è eseguito da un prete scintoista, che scuote sull’oggetto o sulla persona da purificare un ramo di sakaki (un sempreverde) al quale sono legati pezzetti di carta o lino, mentre il misogi si compie per mezzo dell’acqua. Questi riti purificatori sono così essenziali per la religione scintoista che un giapponese competente in materia afferma: “Si può tranquillamente dire che senza questi riti lo scintoismo [come religione] non può reggersi”.
Adattabilità dello scintoismo
13 Feste e riti hanno continuato a far parte dello scintoismo nonostante la trasformazione subita da questa religione nel corso degli anni. Quale trasformazione? Un ricercatore scintoista paragona i cambiamenti avvenuti nello scintoismo ai vestiti di una bambola. Quando fu introdotto il buddismo, lo scintoismo mise la veste della dottrina buddista. Quando il popolo ebbe bisogno di norme morali, indossò il confucianesimo. Lo scintoismo è stato estremamente adattabile.
14 Il sincretismo, cioè il confluire di elementi di una religione in un’altra, avvenne molto presto nella storia dello scintoismo. Benché il confucianesimo e il taoismo, che in Giappone sono chiamati la “via del yin e del yang”, si fossero infiltrati nella religione scintoista, il principale ingrediente che si fuse con lo scintoismo fu il buddismo.
15 Quando il buddismo fu introdotto attraverso la Cina e la Corea, i giapponesi diedero alle loro pratiche religiose tradizionali il nome di shintō, o “via degli dèi”. Comunque, con l’avvento di questa nuova religione, il Giappone fu diviso sulla questione se accettare o no il buddismo. Lo schieramento di tendenza buddista insisteva: ‘Tutti i paesi vicini adorano in quel modo. Perché il Giappone dovrebbe essere diverso?’ La fazione contraria argomentava: ‘Se adoriamo gli dèi dei nostri vicini, provocheremo l’ira dei nostri dèi’. Il contrasto durò decenni, ma infine prevalsero i sostenitori del buddismo. Alla fine del VI secolo E.V., quando il principe Shōtoku abbracciò il buddismo, la nuova religione aveva ormai attecchito.
16 Man mano che si diffondeva nelle comunità rurali, il buddismo si trovava di fronte alle divinità locali scintoiste la cui esistenza era fortemente radicata nella vita quotidiana della gente. Per coesistere le due religioni dovevano venire a un compromesso. Gli asceti di montagna buddisti contribuirono a fondere le due religioni. Poiché le montagne erano viste come dimore delle divinità scintoiste, l’ascetismo praticato dai monaci sui monti fece nascere l’idea di unire buddismo e scintoismo, il che portò fra l’altro alla costruzione dei jinguji o “templi-santuario”. La fusione delle due religioni ebbe luogo man mano che il buddismo prendeva l’iniziativa di formulare teorie religiose.
17 Intanto metteva radice la convinzione che il Giappone era una nazione divina. Quando nel XIII secolo i mongoli attaccarono il Giappone, nacque la credenza del kamikaze, letteralmente “vento divino”. Due vo