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2012-08-08 02:17:48 UTC
Nel periodo che va, grosso modo, dalla fine degli anni '20 all'inizio degli anni '50, Stalin è despota incontrastato del paese orientale.
Sotto il suo pugno di ferro periscono (senza contare i morti per la guerra) almeno dieci milioni di cittadini sovietici.
Un quinto della popolazione, poi, transita per motivi più o meno futili per gulag o galere.
Un sovietico su tre viene trasformato, di sua sponte o con minacce, in una spia ai danni dei suoi connazionali, al servizio del cupo figuro Berjia, capo dell'NKVD (poi confluito nel KGB).
Ma facciamoci due domande: chi era Stalin? era il prodotto dell'ateismo di stato e della mancanza di valori religiosi?
NO! Stalin, al secolo Josif Dzugasvili, veniva da una famiglia ortodossa, di povera gente, che delle teorie materialiste di marx ed engels mai avevano, verosimilmente, sentito parlare.
La madre era molto religiosa e avrebbe voluto che il figlio diventasse sacerdote. Stalin, in effetti, aveva addirittura studiato in seminario!
La seconda domanda è: il terrore continuò dopo la morte di Stalin? Se una persona educata in seminario aveva fatto questo, c'è da aspettarsi che i politici più giovani, cresciuti, loro sì, nell'"Ateismo di stato" abbiano trasformato l'Unione sovietica in un inferno sulla terra.
Ma la realtà è differente. L'unione sovietica iniziò un percorso di normalizzazione che la portò, con tutti i suoi difetti, a essere uno stato mediamente normale, con aspetti positivi e negativi e una certa tolleranza religiosa, pur mantenendosi politicamente laica.
Quindi, cari religio-talebani, quando parlate dei danni dell'ateismo in unione sovietica, di cosa state parlando? Per caso dei danni fatti da un tizio educato dai preti?